MoMA e Pompei, quasi (APP)aiati
Cosa hanno in comune il Museo di Arte Moderna di New York e gli Scavi di Pompei? Tutto. Almeno nel numero di visitatori, che è pressoché identico (tra i 2,3 e i 2,5 milioni di turisti per anno). Eppure tra MoMA e Scavi, oltre a un paio di millenni di storia dell’arte, passano molte differenze, soprattutto nell’ambito dell’accesso alle informazioni. Supponiamo ad esempio di trovarci al MoMA: comprato il biglietto e ricevuta la fida mappa, basta semplicemente accedere alle opzioni WiFi del proprio smartphone per vedere che c’è connessione, libera e veloce (72 mbps!), mentre con un piccolo, ulteriore sforzo di curiosità si può scaricare “MoMA”, l’interessantissima app gratuita del museo. L’applicazione offre un fornito ventaglio di informazioni, dagli orari di apertura a notizie su mostre, dall’acquisto di biglietti ad audioguide e anche un browser di ricerca filtrabile per autore o opera per raggiungere velocemente il piano del museo con l’opera desiderata. E a Pompei? Supponiamo di trovarci agli Scavi: comprato il biglietto e ricevuta la fida mappa, basta… semplicemente. Niente WiFi libero, niente app, niente. Se non “iPompei” una app (solo per iOS, patrocinata dal Comune, Regione e UE), sulla città di Pompei e con scarse e inefficaci informazioni. Impresentabile. Ma quali i motivi di tale assenza? Sicuramente legittime sono le considerazioni a difesa dell’“ispirazione” di Pompei: un complesso monumentale su cui l’innesto di tecnologie parrebbe quasi un delitto sacrilego. Oppure quelle più semplici e oggettive, quali le differenze, con il MoMA, di contesto ed estensione (44 ettari quadrati vs una manciata di piani nel centro di una metropoli). Eppure, nonostante l’ispirazione e l’architettura, quella che è stata definita come assenza calza più come carenza. Carenza nella gestione dell’accesso ai dati, nella loro valorizzazione, digitalizzazione, disponibilità e utilizzo. È una circostanza singolare, grondante di storia e aspirante a tutt’altra fibra (ottica), quasi un ironico paradosso: è più auspicabile una svolta digitale, un impianto anacronistico installato nell’unico canale intatto col passato esistente al mondo, o una conservazione deferente dello stato dell’arte? Se si dovesse optare per la seconda, intendendo la conservazione dello stato dell’arte come lo stato in cui l’Arte pompeiana versa attualmente, allora viva la digitalizzazione. Almeno, anche se sullo schermo di un telefono, si potrà nuovamente apprezzare la magnificenza del rosso Pompeiano, ormai sbiadito da anni di mancati interventi....
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