#ODDUniSa15 [UpDate] Data Journalism civico: come nasce un’inchiesta

Posted by on Feb 1, 2015 in Blog

#ODDUniSa15 [UpDate] Data Journalism civico: come nasce un’inchiesta

VENERDI 20 Febbraio 2015 dalle 9:30 alle 13:30 – Aula delle Lauree di Ingegneria dell’Università degli Studi di Salerno si terrà la giornata “Data Journalism civico: come nasce un’inchiesta“, a cura del Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione e dell’Ordine dei Giornalisti della Campania. E’ tra le iniziativa dell’International Open Data Day, in cui sviluppatori, innovatori, designer e cittadini si riuniscono in città di tutto il mondo per liberare dati, creare applicazioni e pubblicare visualizzazioni e analisi usando dati aperti pubblici per sostenere e incoraggiare le politiche open data. Per Daniela Vellutino, curatrice dell’iniziativa, l’obiettivo di #ODDUniSa15 è di presentare metodologie d’indagine e strumenti per il Data Journalism Civico attraverso la presentazione di casi d’indagine condotti da giornalisti esperti in Data Journalism. Introducono Annibale Elia, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione Ottavio Lucarelli,  Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania e partecipano: Rosy Battaglia, giornalista e fondatrice dell’associazione Cittadini reattivi, che ha condotto diverse inchieste su siti contaminati, bonifiche e monitoraggio civico su La Nuova Ecologia, Nòva Il Sole24ore e Wired Italia Gianluca De Martino, giornalista del team DataNinja, che ha condotto l’inchiesta sui beni confiscati in Italia per il Gruppo La Repubblica – l’Espresso. Vittorio Scarano Dipartimento di Informatica, presenta il progetto di ricerca europeo ROUTE-TO-PA coordinato dall’Università di Salerno A seguire una discussione aperta sulle fonti istituzionali e le informazioni obbligatorie che possono essere richieste alle Pubbliche Amministrazioni per l’istituto dell’Accesso Civico (art. 5 Dlgs 33/2013). Conducono la discussione: Salvatore Sica, professore ordinario di Diritto Privato comparato, direttore del Laboratorio IN. DI. CO. (Informazione – Diritto – Comunicazione) Daniela Vellutino, docente di Comunicazione Pubblica e linguaggi istituzionali, curatrice del progetto di DirittoDiAccessoCivico. Tra i promotori Gruppo di lavoro DdAC: Daniela Vellutino, Carmina Mangiacapre, Stefano Perna, Antonio Prigiobbo, Francesco Rossi, Simona Sabatino e gli studenti del corso “Comunicazione pubblica e linguaggi istituzionali” dell’A.A. 2014-2015 Annibale Elia Ottavio Lucarelli & l’Ordine dei Giornalisti della Campania Rosy Battaglia, Gianluca De...

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MoMA e Pompei, quasi (APP)aiati

Posted by on Set 5, 2013 in Blog

Cosa hanno in comune il Museo di Arte Moderna di New York e gli Scavi di Pompei? Tutto. Almeno nel numero di visitatori, che è pressoché identico (tra i 2,3 e i 2,5 milioni di turisti per anno). Eppure tra MoMA e Scavi, oltre a un paio di millenni di storia dell’arte, passano molte differenze, soprattutto nell’ambito dell’accesso alle informazioni. Supponiamo ad esempio di trovarci al MoMA: comprato il biglietto e ricevuta la fida mappa, basta semplicemente accedere alle opzioni WiFi del proprio smartphone per vedere che c’è connessione, libera e veloce (72 mbps!), mentre con un piccolo, ulteriore sforzo di curiosità si può scaricare “MoMA”, l’interessantissima app gratuita del museo. L’applicazione offre un fornito ventaglio di informazioni, dagli orari di apertura a notizie su mostre, dall’acquisto di biglietti ad audioguide e anche un browser di ricerca filtrabile per autore o opera per raggiungere velocemente il piano del museo con l’opera desiderata. E a Pompei? Supponiamo di trovarci agli Scavi: comprato il biglietto e ricevuta la fida mappa, basta… semplicemente. Niente WiFi libero, niente app, niente. Se non “iPompei” una app (solo per iOS, patrocinata dal Comune, Regione e UE), sulla città di Pompei e con scarse e inefficaci informazioni. Impresentabile. Ma quali i motivi di tale assenza? Sicuramente legittime sono le considerazioni a difesa dell’“ispirazione” di Pompei: un complesso monumentale su cui l’innesto di tecnologie parrebbe quasi un delitto sacrilego. Oppure quelle più semplici e oggettive, quali le differenze, con il MoMA, di contesto ed estensione (44 ettari quadrati vs una manciata di piani nel centro di una metropoli). Eppure, nonostante l’ispirazione e l’architettura, quella che è stata definita come assenza calza più come carenza. Carenza nella gestione dell’accesso ai dati, nella loro valorizzazione, digitalizzazione, disponibilità e utilizzo. È una circostanza singolare, grondante di storia e aspirante a  tutt’altra fibra (ottica), quasi un ironico paradosso: è più auspicabile una svolta digitale, un impianto anacronistico installato nell’unico canale intatto col passato esistente al mondo, o una conservazione deferente dello stato dell’arte? Se si dovesse optare per la seconda, intendendo la conservazione dello stato dell’arte come lo stato in cui l’Arte pompeiana versa attualmente, allora viva la digitalizzazione. Almeno, anche se sullo schermo di un telefono, si potrà nuovamente apprezzare la magnificenza del rosso Pompeiano, ormai sbiadito da anni di mancati interventi....

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Istruzione a Pompei: perché la trasparenza è competenza

Posted by on Giu 27, 2013 in Blog, Post

Finanziamenti europei: come vengono spesi nelle scuole di Pompei Pompei è città d’arte, cultura e fede, ma è anche la città dei mille paradossi. Non che sia l’unica città ad averne, specialmente nel Mezzogiorno, ma forse il peso di colossi come Santuario e Scavi, aggravato dall’occhio senza palpebra dei media internazionali, ne danneggia la già gracile fisionomia facendola sembrare ancor più compromessa. Un esempio chiaro ne dà il Grande Progetto Pompei, che a 14 mesi dall’approvazione è ancora orfano di un piano di gestione, con la conseguenza che dei 105 milioni che gli corrispondevano non è stato speso neppure tanto. Ed è esattamente questo il paradosso su cui è opportuno concentrare il fuoco: stando ai dati di Open Coesione, per Pompei si spendono, nonostante il GPP, meno soldi per Cultura e Turismo (3,3 milioni) che per l’Istruzione (3,7 milioni). Va però fatta una necessaria premessa: il sito non è aggiornato su gran parte (dei già pochi) progetti relativi agli Scavi poiché o sono troppo recenti o ancora non assegnati. Un aggiornamento, ad oggi, porterebbe il tema “Cultura e Turismo” in avanti di molte spanne rispetto a “Istruzione”, così come legittimamente intuibile, ma si tratta purtuttavia di un caso che accende una spia per una riflessione. Se dei problemi del GPP e della relativa gestione dei dati si è già parlato, è naturale domandarsi, per semplice accostamento, come le scuole di Pompei si approccino alla visione degli Open Data e più in generale quale sia la loro attenzione sulla trasparenza. Anzitutto i dati nudi e crudi (qui una più dettagliata infografica): dal 2007 ad oggi, le scuole di Pompei hanno ricevuto finanziamenti per 3,7 milioni di euro per un totale di 104 progetti, di cui 92 per acquisto di  beni e servizi e 14 per infrastrutture. Le scuole che hanno usufruito del numero maggiore di PON sono l’istituto comprensivo Matteo Della Corte e il Primo Circolo Didattico, ma chi ha usufruito della somma maggiore è il Liceo Scientifico Ernesto Pascal, con 490mila euro. Il liceo inoltre detiene un altro “record”, vale a dire di essere stato l’unico ad aver superato la soglia dei 100mila euro con un singolo progetto, avendo allestito due PON da 180mila e 108mila euro. Per le rimanenti scuole, ovvero l’istituto comprensivo Amedeo Maiuri e il Secondo Circolo Didattico sono comunque stati disposti quantità considerevoli di fondi e in linea con gli altri istituti e, inoltre, il Secondo Circolo può fregiarsi di un ulteriore “primato”, quale il numero in assoluto più alto di destinatari coinvolti, ovvero 824. Istruzione online: cosa non va Alle cinque scuole va dunque un plauso per la fervente attività. Tuttavia, approfondendo la ricerca e scavando giusto qualche centimetro in più, si riscontrano i primi problemi. Anzitutto si nota una pericolosa quanto fallace ambiguità, in Open Coesione, nei campi “Soggetto Attuatore” e “Soggetto Programmatore”. Ad esempio, per quest’ultimo, in numerosi progetti compare il doppio dato “Miur...

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Grande Progetto Pompei: come i dati aperti salveranno gli Scavi dalla black-list UNESCO

Posted by on Giu 25, 2013 in Blog, Post

Il sasso nello stagno, o meglio, il macigno nel fango, fu scagliato a Novembre 2010 dal crollo della tristemente famosa Schola Armaturarum Juventis Pompeiani, conosciuta anche come domus dei gladiatori. Di lì a quattro mesi sarebbe poi stato piantato il primo piolo della scala del Grande Progetto Pompei, ovvero il D.L. n. 34 del 31 marzo 2011, il cui art. 2 si intitola “Potenziamento delle funzioni  di  tutela  dell’area  archeologica di  Pompei”. Da aprile a luglio 2011, il coordinamento del MiBAC, DAR e DPS per la definizione degli obiettivi strategici ha prodotto un primo “Progetto Operativo”, documento di inquadramento generale poi presentato al Commissario Europeo J. Hahn, tramite cui sono state instaurate le prime relazione con la Commissione Europea. Successivamente, il 18 ottobre 2011 al suddetto triangolo di enti veniva accostato anche Invitalia, per il supporto tecnico, mentre il 10 novembre 2011 veniva creato lo Steering Committee, l’organo di indirizzo strategico per quello che fu poi nominato “Progetto Pompei”. Il 26 novembre 2011, MiBAC, DAR e DPS lo candidano presso la Commissione Europea come “Grande Progetto Comunitario” (ex Reg. CE 1083/2006). Il 29 marzo 2012 viene approvato il finanziamento di 105 milioni di euro (tra fondi europei e nazionali) per il Grande Progetto Pompei (anche Major Project Pompeii) mentre il 5 aprile 2012, infine, gli viene accostato un “Protocollo di Legalità” mirato alla prevenzione da possibili infiltrazioni criminali. Tuttavia, dopo tale infervorata gestazione, il GPP ha visto nel suo primo anno di vita ben poche azioni indirizzate all’utilizzo di una mole così imponente di finanziamenti. Ad aprile 2012, difatti, la Soprintendenza Archeologica di Pompei pubblicò cinque bandi per il recupero di alcune domus, ma solo quelli per la Casa del Criptoportico e la Casa dei Dioscuri sono stati finora aggiudicati. Dopo altri 13 mesi, ovvero nello scorso Maggio, sono stati aggiunti dei bandi per la messa in sicurezza dal rischio idrogeologico dei terreni demaniali a confine con gli Scavi, anch’essi in attesa di assegnazione. In generale si evince che, escludendo le opere già finanziate dalla Soprintendenza, oltre alle spese appena specificate e quelle relative alle diagnosi per i lavori da effettuarsi, i fondi effettivamente utilizzati sono decisamente esigui sul totale di 105 milioni disponibili. Eppure il GPP ha un’ampia articolazione operativo-finanziaria, che può essere sintetizzata in cinque punti: Piano della Conoscenza (8,2 mln) per la diagnostica e i rilievi da farsi Piano delle Opere, distinto in “a progettualità avanzata” (47 mln) per realizzazione di 39 progetti già redatti su sicurezza, restauri e mitigazione rischio idrogeologico; e “nuove opere” (38 mln). Piano per la fruizione e miglioramento dei servizi e della comunicazione (7 mln), ovvero adeguamento servizi al pubblico e promozione Piano della Sicurezza (2 mln) per videosorveglianza e impianti Piano di Rafforzamento Tecnologico e Capacity Building (2,8 mln) per l’adeguamento delle tecnologie per la gestione, monitoraggio e organizzazione del sito. In quest’ottica, un Progetto ombrello che anche per definizione è “grande” sembra...

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